L'urlo della provincia in un calcio a misura d'uomo.
Se la vostra idea di presidentissimo corrisponde a mitologiche figure del calibro di Berlusconi, Moratti o Agnelli, forse non avete ben chiaro il vero significato del termine. Questi certamente hanno avuto un legame con il territorio, e poi hanno scritto la storia dei propri club, tuttavia hanno ben poco di ”spontaneo” e “provinciale”, tanto da appartenere ad altri mondi, più vicini al panorama finanziario che a quel sentimentalismo eccentrico e senza restrizioni tipico della provincia italiana.
Questo rimanda invece ad una diversa categoria comportamentale e sociale, che colloca i vecchi patròn nell’immaginario collettivo come vere e proprie icone di un calcio non ancora “sistema economico”, ma che da lì a poco lo diventerà. Sono diverse le piazze che hanno dato e ricevuto molto dai loro presidenti. Se per alcuni vi è un ricordo relegato ad almanacchi e libri societari impolverati e dimenticati, altri sono entrati di diritto nel jet set sportivo e folkloristico della scena calcistica, divenendo icone intramontabili di un calcio soppiantato da sponsor, finanza e pay tv. Romeo Anconetani è senza dubbio uno di questi.
Amore e dedizione. Questa è la miscela emotiva che ha contraddistinto per molti anni il calcio a Pisa. Gli anni del presidentissimo, una figura così particolare da sembrare quasi il tipico personaggio di una classica commedia all’Italiana. Un uomo controverso, da un lato religioso e dall’altro scaramantico; per certi versi buono e di cuore, per altri autoritario e irascibile. La figura di Romeo è così una delle più significative non solo per Pisa, ma per l’intero calcio di quegli anni. In controtendenza con le attitudini imprenditoriali in voga all’epoca, poi, la sua decisione di entrare nel mondo del calcio non risponde a logiche economiche, ma alla sola passione.
Romeo Anconetani non è un imprenditore, non ha nessun marchio o capitale alle spalle: sono state la sua voglia e la sua lungimiranza a portarlo lì.
In quel mondo d’altronde ci stava già da tempo, prima come segretario in un piccolo club, poi come dirigente e persino giornalista (qui ci sono le radici del suo schietto e duro rapporto con la stampa). Tutto ciò fino a quando la sua intraprendenza non lo porta ad inventarsi un ruolo all’interno del valzer calcistico: Anconetani infatti, da buon avanguardista, precede di qualche anno la nascita della vera e propria professione del procuratore. In questi anni viene chiamato non a caso “mister 5%”, la somma richiesta per la mediazione tra giocatore e società, e così facendo riesce prima a gonfiare le proprie tasche e poi, dopo qualche anno, a rilevare direttamente il Pisa.
Il calciomercato diviene subito un suo terreno di caccia. Si dice addirittura avesse a disposizione un arcaico database (ovviamente cartaceo) con più di 10.000 nomi e caratteristiche di giocatori: una vera miniera d’oro in un‘epoca in cui – senza dati, statistiche, sistemi tecnologici di archiviazione e analisi – il mercato è influenzato dalle sensazioni, dalla lungimiranza e dall’occhio “clinico”. Anche grazie a questo suo ruolo di conoscitore ottiene uno spazio televisivo nel quale, in qualità di esperto ed opinionista, analizza diverse tematiche riguardanti il calcio. Pioniere anche in questo campo il presidentissimo .
L’ultimo giorno di mercato, nell’estate del ’73 e all’interno del solito hotel adibito a spazio trattative, è presente anche Romeo (che tra l’altro, visto il suo ruolo di ‘’mediatore’’, non è del tutto autorizzato a gironzolare per le sale). Nel frattempo, in una delle tante camere di trattativa, il patron del Napoli Ferlaino appare particolarmente soddisfatto: l’ultima gioia della giornata sembra essere proprio del partenopeo, che si aggiudica le prestazioni di un certo Giorgio Braglia, tesserato della Fiorentina.
Quasi raggiunta la sala bar, viene avvicinato da Anconetani che gli intima vigorosamente di stracciare il contratto. Il giocatore è sotto il suo controllo e Ferlaino, per acquistarlo, non ha rispettato il suo ruolo da mediatore. Il clima si surriscalda e Anconetani sferra due schiaffi a Ferlaino, che accenna solo una timida reazione prima dell’intervento dello staff e degli assistenti del verace Romeo. Proprio un suo assistente, domandando il motivo di questa sfuriata, gli ricorda che tra i suoi assistiti c’era un certo ‘’Braida’’, non ‘’Braglia’’. Insomma, aveva pure sbagliato nome.
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Anconetani aquista il Pisa nel 1978 tramite il fratello, non ricoprendo la carica di presidente sulla carta. Qualche anno prima infatti era stato coinvolto in un’inchiesta su un goffo tentativo di compravendita di alcune partite, e quindi radiato. Il suo ingegno tuttavia gli permette, attraverso un accordo con la Camera di commercio di Pisa, di legittimare la sua presenza nel club come “consigliere per gli acquisti”. Il ruolo di presidentissimo si concretizza circa quattro anni dopo aver rilevato la società, grazie all’amnistia giunta dopo la vittoria del mondiale nel 1982 (un’altra particolare pagina del calcio Italiano).
Viene dunque proclamato, e a furor di popolo, vescovo di Pisa.
Del resto l’appellativo calza a pennello con la sua forte religiosità (costringe più volte la squadra a pellegrinaggi e ripetute visite al santuario della Madonna di Montenero) e con i miracoli calcistici, ossia le quattro promozioni nella massima serie e la vittoria delle due edizioni della Mitropa cup 85/86 e 87/88. A detta di molti poi Oronzo Canà, interpretato daLino Banfi nel film L’allenatore nel pallone, riprende una sua famosissima peculiarità: il presidente, con il rosario al collo, era infatti solito spargere il sale sul terreno di gioco prima delle partite importanti. Un rito propiziatorio e benaugurante, che in occasione di un Pisa–Cesena del 1990 lo porta a spargere sul prato dell’Arena Garibaldi ben 26 chili di sale. Nella stessa arena, qualche anno dopo, viene colpito dal lancio di una bottiglia di vetro che per miracolo non gli costa la perdita di un occhio.
Autoritario e totalitario nei modi di gestire la squadra, attento ad ogni aspetto. Giunge persino a rimproverare a più riprese il cuoco per il modo in cui viene preparata la pasta, così come il medico sociale per lo smisurato consumo di garze. Con lui al timone gli allenatori si susseguono: a volte arriva addirittura a imporre la formazione da schierare, nonché le tattiche da usare nella partita.
“In Italia comanda l’avvocato Agnelli, ma qui a Pisa comando io”.
La grande capacità nello scovare, lanciare e poi rivendere campioni è invece l’unico modo per far cassa e mantenere in alto la provincia. Il tutto in una serie A che, con l’arrivo di molti stranieri, inizia ad aumentare il proprio peso economico, favorendo le piazze storiche (economicamente privilegiate) che più volte il buon Romeo bacchetta senza termine, sfidandole a viso aperto.
“Berlusconi è un personaggio di levatura europea e forse anche mondiale, al calcio può dedicare solo una fetta del suo tempo, io dedico al calcio tutta una vita, ed è per questo che mi sento migliore o per lo meno pari a lui nell’ambiente del calcio”.
Tira fuori dal cilindro molte stelle del calibro dei danesiBerggren (costato 270 milioni e rivenduto a 4 miliardi) e Larsen, gli olandesi Kieft e Been, Claudio Sclosa ed infine il Cholo Simeone ed il futuro capitano del Brasile Caetano Bledor Verri detto “Dunga” (quest’ultimi due campioni vengono acquistati da Anconetani via fax). Sembra che dal Sudamerica fossero arrivate una serie di foto con rispettivi nomi e qualche caratteristica – che si andavano ad aggiungere all’enorme bibbia prima citata, nulla più nulla meno. È l’ultimo giorno di mercato ed il Pisa ha una rosa ancora incompleta e non competitiva, servono rinforzi. Romeo fissa le numerose foto e, secondo i racconti, dice: «prendiamo questo qui e quest’altro qua, dalla faccia sembrano avere la cattiveria giusta». La storia gli darà ragione.
L’immagine più emblematica non solo di Romeo, ma della trascendentale passione che il calcio trasmette in quegli anni, è senz’altro quella del presidentissimo in curva, in simbiosi emotiva con la gente di Pisa. Di questa non sapeva fare a meno, nemmeno nella decisiva trasferta di Cremona per la promozione in serie A, con la squadra di casa prima a 43 punti ed il Pisa secondo a 42. In quella partita, come in molte altre, il presidentissimo si adopera per organizzare i cosiddetti “treni speciali”, altra icona tutta anni ’80, che portano vagonate di tifosi in trasferta in giro per l’Italia.
Anche in questo è uno dei primi. In quell’occasione specifica riesce ad organizzare il pacchetto trasferta in treno e biglietto per lo stadio a soli 10.000 lire, attualmente circa 5,50 euro: un calcio a misura di popolo. Sotto la sua grande ala protettiva i pisani intraprendono una sorta di volo pindarico verso la massima serie, con sei campionati conditi da tre retrocessioni tre promozioni – e tante partite entrate nella memoria storica di una città tra le più passionali d’Italia.
Romeo Anconetani ci lascia infine nel 1999, quando il calcio è già irrimediabilmente diverso. Alla sua memoria è dedicato lo stadio di Pisa, l’Arena Garibaldi – Romeo Anconetani. Lui, come gli altri storici presidenti quali Costantino Rozzi ad Ascoli, Sibilia ad Avellino, Massimino a Catania e molti, moltissimi altri, hanno lasciato questo mondo tra gli applausi dei propri tifosi. Non resta che il ricordo e la riconoscenza per aver dato una grande lezione: l’urlo della provincia può varcare i propri confini, e giungere fino all’intera nazione.
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