Il rinvio delle partite è la decisione tardiva di un sistema ipocrita.
“Se si giocasse con il pubblico, sarei l’uomo più felice del mondo perché vorrebbe dire che c’è stata un’evoluzione positiva ma al momento, da quello che arriva dall’ordinanza alla quale dobbiamo attenerci, oltre alle porte chiuse non ci sono alternative”.Queste le parole del Presidente della FIGC, Gabriele Gravina, pronunciate al maturare dell’emergenza COVID-19 che da una settimana ha paralizzato il Nord Italia: il buonsenso, però, si è arreso dopo appena cinque giorni, incapace di fronteggiare interessi più grandi e una mal celata disonestà intellettuale.
Non che ci facesse impazzire come soluzione, ma la scelta di giocare a porte chiuse le gare a rischio era l’unica (triste) realtà a cui dovevamo rassegnarci. La sfida scudetto tra Juventus e Inter si sarebbe disputata così in uno Stadium spettrale, animato dalle sole voci degli attori protagonisti: uno scenario certamente desolante, ma necessario non solo per una questione di calendario – trovare date utili in tempi relativamente brevi sarebbe stato impossibile – quanto piuttosto per salvaguardare la regolarità del nostro campionato. Poi però, come un fulmine a ciel sereno, ieri mattina la Federazione ha cambiato disposizioni in modo frettoloso per non dire grottesco.
Perché prendere una decisione del genere a ridosso del fischio d’inizio, in particolar modo quando tutto si era incastrato per disputare i match a porte chiuse?
Improvvisamente la tutela del tifoso è diventata di primaria importanza, proprio nel momento in cui si stava andando incontro a una perdita di immagine (e di quattrini) non da poco per il nostro calcio. Chiamasi coincidenze! Quella che si sarebbe dovuta giocare infatti non era la solita, affascinante sfida tra due rivali storiche, ma un autentico spareggio scudetto e soprattutto un evento planetario.
Che poi parlare soltanto di Juventus e Inter (per noi) è riduttivo, oltre ad essere una mancanza di rispetto nei confronti di altre squadre, come Udinese e Fiorentina, che si sono viste annullare la partita a poche ore di distanza dalla discesa in campo. A questo punto la domanda sorge spontanea: perché prendere una decisione del genere a ridosso del fischio d’inizio, in particolar modo quando tutto si era incastrato per disputare i match a porte chiuse?
D’altronde erano tutti d’accordo, Governo e vertici federali: il Ministro dello Sport Spadafora aveva dato il via libera a giocare le gare nel Nord senza pubblico, accogliendo di fatto la proposta arrivata dalle stesse istituzioni calcistiche, che la scorsa mattina con un triplo carpiato hanno invece deciso di mettere i sigilli agli stadi. Lo capirebbe a questo punto anche un bambino, qualcosa non torna.
Certo le vie del cospirazionismo sono infinite, nel senso che le versioni ufficiali – e lo sappiamo – fanno acqua da tutte le parti, ma da qui a formulare delle ipotesi contrarie e definitive ce ne passa. Continuando a ragionare con il buon senso, certamente ci sono state delle pressioni: il big match di domenica sera rappresentava l’appuntamento per eccellenza, un “evento segnato sul calendario”, come si dice orrendamente in questi casi: probabilmente, era stato garantito alle televisioni uno spettacolo completamente diverso. Per usare le parole di Marco Bellinazzo, giornalista del Sole 24 ORE:
“Mandare in onda in 200 paesi Juventus – Inter a porte chiuse contro quelle del Clasico spagnolo a spalti gremiti sarebbe stato un danno di immagine ulteriore ben al di là del calcio. Già ci siamo fatti più male del necessario. Bene il rinvio. Però decidere prima e con più chiarezza? Personalmente avrei rinviato da subito intera giornata. Si poteva tranquillamente farlo a metà settimana. Le ragioni di salute pubblica vengono prima dell’interesse sportivo. Ma la regolarità del torneo va salvaguardata. Così ora non è”.
Questa la situazione analizzata in biechi termini statistici. Le pressioni maggiori, in effetti, potrebbero venire proprio da qui anche perché 1) tutta questa improvvisa preoccupazione per i tifosi è poco credibile; 2) la teoria delle pressioni “interne”, quindi provenienti dai supporters e dalle associazioni di categoria, si scontra con l’effettivo (e praticamente nullo) potere contrattuale dei tifosi, puntualmente ignorati dalle alte sfere del calcio nazionale.
Inoltre va bene l’autonomia delle leghe, ma vi sembra normale che in Serie A non si giochi mentre invece in Serie B sì? Il campionato cadetto ha scelto infatti di disputare regolarmente le partite previste a porte chiuse, senza troppi problemi nell’avere i tifosi sugli spalti (sarà perché mancano le telecamere internazionali ad inquadrare gli spalti vuoti e a far risuonare l’eco di un rumorosissimo silenzio, si sarebbe detto un tempo con un ossimoro).
Con questa presa di posizione, la Federcalcio ha creato un caso giurisprudenziale di difficile risoluzione, un vero e proprio precedente. La lezione di questi giorni è stata a dir poco goffa, confusionaria, contraddittoria, portata avanti senza neanche prendere in considerazione quello che le squadre interessate avevano da dire a riguardo. Per di più si è arrivati alla conclusione che, in Italia, non si possono giocare determinate partite a porte chiuse non tanto per i tifosi paganti – che nemmeno sarebbero stati risarciti – quanto perché si perde in spettacolo e guadagni.
Il DS interista Marotta, giustamente, è stato subito molto chiaro: se questa è la soluzione, dovrebbe essere adottata anche per le prossime gare. Altrimenti cosa dovremmo pensare, che si è rinviata una (mezza) giornata, falsando in parte il campionato, solo per preservare un grande evento? Già perché qualora la prossima settimana si dovesse regolarmente giocare, come verrebbe giustificato il rinvio? Verrebbe quasi da pensare che, senza la partita di cartello, la giornata si sarebbe svolta regolarmente.
“Credo che, come al solito, in Italia si prendano decisioni a vantaggio di chi vuole decidere i propri tempi: vengono prese decisioni senza senso e senza logica. Da qui e sino al 24 maggio porta tutte le persone a vedere il lato oscuro del calcio” (Fabio Liverani)
Eccoci allora al punto di partenza. Non sappiamo precisamente da chi, e quando, sia arrivato l’imput di non giocare, ma una sola cosa ci sentiamo di dire: smettetela di prendere in giro tifosi e appassionati. Sono esattamente atteggiamenti come questi che, in gran parte del pubblico, hanno causato la perdita di fiducia nelle élite tanto sportive quanto mediatiche, politiche e culturali.
Guardate che non è un problema da poco: se chi deve rappresentare un intero sistema dimostra con i fatti – e le parole – di non essere credibile, come possiamo noi fidarci? E inoltre, se intendete assumere determinate decisioni, assumetevi le dovute responsabilità senza strumentalizzare i tifosi (per di più usandoli come alibi) quando più vi fa comodo. A forza di tirare la corda questa rischia di spezzarsi ma poi, con tutta la disponibilità del mondo, non potrete lamentarvi se non vi crederà più nessuno.
Il costo dei biglietti cresce a tassi doppi rispetto quello degli stipendi o del costo della vita. Anatomia di un problema che attanaglia il calcio moderno.