L'ultima giornata sarà una storia nella Storia.
Chi passa da Ortigia, toponimo dell’isola che costituisce il nucleo antico della città di Siracusa, ammira senza se e senza ma la fontana Aretusa. La fontana deve il suo nome alla ninfa conosciuta in tutta la Grecia per la sua bellezza. Nelle mai amate a sufficienza storie dei miti e delle leggende siciliane, si legge che venisse inseguita da Alfeo, la divinità del corso d’acqua dove la ninfa una volta si bagnò colpendolo per il suo indubbio fascino. Alfeo insegue Aretusa, e lei chiede aiuto ad Artemide per farsi mettere al riparo. Alfeo allora sollecita il padre Oceano per raggiungere la sua amata, che non esita ad aprire le acque dello Ionio e riuscire così ad approdare in Sicilia.
Dalle vicende di Alfeo e Aretusa a quelle di Reggina e Siracusa è un attimo, è un viaggio tra mitologia e calcio, entrambi hanno i loro eroi, le gesta. Nella storia è il primo che insegue la seconda, nel calcio, invece, è la seconda (in classifica) che insegue la prima. Girone I della serie D, campionato di calcio 2024/2025, manca una sola giornata, e “comunque vada sarà un successo”, diceva Pierino Chiambretti appeso ai fili del teatro Ariston, in un festival di Sanremo targato Mike Bongiorno.
Reggina vs Siracusa, un solo punto, novanta minuti. Ma se la storia di Alfeo e Aretusa è senza dubbio romantica, questa molto meno: è agonismo e tensione, tifo da entrambe le barricate. Ma per Siracusa, gloria e felicità arriveranno a prescindere.
Il Siracusa Calcio 1924 è erede del titolo sportivo della squadra fondata, appunto, per la prima volta un secolo e un anno fa. I fasti della compagine sono quelli sotto l’egida dell’A.S. Siracusa, nata nel 1937 ma fallita nel 1995 per uno dei mali che attanagliano, da sempre, il calcio delle serie minori: debiti, debiti e ancora debiti. E allora, campionato di Eccellenza, 2021, rinasce il calcio aretuseo, proprio come l’anno dopo il covid, si riparte. Il club eredita quello fondato il 1º aprile 1924, con la denominazione di Circolo Sportivo Tommaso Gargallo, torna in pista e fa sognare.
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Tommaso Gargallo nato e morto a Siracusa (25 settembre 1760 – 15 febbraio 1843), poeta ed erudito italiano, è considerato dalla storiografia a cavallo tra diciottesimo e diciannovesimo secolo “il più importante traduttore di Orazio della sua epoca”. Porta la firma di Tommaso Gargallo l’opera “le Memorie Patrie per lo ristoro della città di Siracusa”. Un lavoro con il quale, da buon profeta in patria, aveva elaborato proposte per la rinascita economica e civile della sua amata Siracusa.
Il Circolo Sportivo Tommaso Gargallo negli anni Trenta per qualche tempo diventa Società Sportiva Syracusae, poi, Società Sportiva Siracusa. Il primo simbolo sulla casacca aretusea era rappresentato da un’intersezione di lettere (CSTG) e quindi di richiamo al Circolo Sportivo Tommaso Gargallo; poi, un gallo, ispirato probabilmente allo stemma di famiglia dei nobili Gargallo. Ma nel 1929, un Messina-Siracusa che terminerà con un 2-3 con vittoria all’89’, vale alla squadra aretusea l’appellativo di “leoncelli”. Un nomignolo tributato da un giornalista sportivo ungherese che ha ispirato il simbolo ufficiale, ancora oggi, del club: il leone.
“Azzurro, il pomeriggio è troppo azzurro, e lungo per me, mi accorgo di non avere più risorse senza di te, e allora, io quasi quasi prendo il treno e vengo, vengo da te, ma il treno dei desideri, nei miei pensieri all’incontrario va”.
Poesia in musica di uno dei più grandi di tutti i tempi, Paolo Conte, cantata da un altro monumento, Adriano Celentano. Il colore ufficiale delle casacche del Siracusa è l’azzurro, il brano scritto da Conte insieme a Vito Pallavicini ed inciso la prima volta da Celentano, è, da sempre, l’inno dei suoi tifosi. Anche quelli che si accomodano nella curva Anna, dedicata ad Anna Limone, madre di Carmelo Rametta, tra i fondatori del gruppo “South Landers 1987”, considerata la mamma degli ultras.
Tifosi, appassionati, cultori della millenaria storia di una cittadina gettonata da turisti e amanti dei viaggi culturali che oggi, con entusiasmo, si avvicinano e riavvicinano al Siracusa Calcio 1924. E si recano allo stadio, intitolato a Nicola De Simone, il calciatore del Siracusa Calcio morto nel 1979 dopo alcuni giorni di coma. Coma provocata da uno scontro di gioco sul campo in terra battuta di Palma Campania, durante il match contro la Palmese.
Lo Stadio Nicola De Simone, lo stesso impianto che ventuno anni fa è stato protagonista di un evento storico per tutta la comunità aretusea: la ripartenza del corpo di Santa Lucia, che era tornato nella città natia per una settimana per celebrare il diciassettesimo centenario della sua morte. E, forse, vale la pena ricordare anche che il Siracusa è il quarto club in Sicilia per maggior numero di partecipazioni a campionati professionistici. Palermo e Catania, arcinote, poi il Messina e quindi Siracusa, che non avrà la storia delle prime tre ma vanta, comunque, tanti estimatori e tifosi, anche fuori regione.
A partire dallo stesso presidente, Alessandro Ricci, imprenditore di origini toscane, industriale impegnato nel campo delle energie rinnovabili.
E dal suo uomo di punta, dirigente appassionato, portiere paratutto dell’Inter dei record, uomo giramondo, più volte allenatore, Walter Zenga. Lui si accomoda in tribuna la domenica a seguire e guardare dall’alto il suo lavoro in settimana che, forse, diventa capolavoro, errata corrige: capolavoro lo è comunque. Siracusa, bella, Walter Zenga vi approda come Platone, anzi no: il filosofo, voleva fare di Siracusa il centro di tutte le città greche di Sicilia e il modello ideale dei re filosofi, ma ci prova tre volte e se ne scappa; “l’uomo ragno”, invece, sbarca dalle parti dell’orecchio di Dioniso e vi si stabilisce.
Condottiero eroico, come Gerone, intelligente stratega che riuscì a fare di Siracusa nei suoi anni, 275 e successivi (a.C), un paese nel momento di massima prosperità. E se Gerone chiamò lo scienziato Archimede a difendere Siracusa, facendo costruire macchine da guerra che potessero garantire la pace, (sembra strano ma solo con le bandiere arcobaleno non vi si riesce, ieri come oggi…), Walter Zenga ha chiamato l’allenatore Marco Turati, strappandolo dallo staff di Vincenzo Italiano, oggi sulla panchina del Bologna e prima a Firenze, patria di Dante e del calcio antico.
Una panchina che, nella sua storia, è stata occupata anche da Giuliano Sonzogni. In due occasioni, 1994/1995 e 2009/2010, la guida tecnica del Siracusa è stata a cura di Sonzogni, l’allenatore anticonformista per antonomasia. “Si muove solo in bicicletta e con un vecchio Maggiolino, fortemente avverso al telefono cellulare, al matrimonio e alle mode”, questo recita Wikipedia per la sua biografia. Platone sbarca a Siracusa ma poi leva gli ormeggi, Walter Zenga quando parte dalla cittadina sicula lo fa per portarla in giro per il mondo, da buon ambasciatore. Ma poi ci ritorna. Ormai legato a doppio filo alla sua storia, magnifica, come la Magna Grecia.
“Chiamatemi Tiresia, sono qui per raccontarvi una storia più che secolare che ha avuto una tale quantità di trasformazioni da indurmi a voler mettere un punto fermo a questa interminabile deriva. A Siracusa vi dirò la mia versione dei fatti, e la metterò a confronto con quello che di me hanno scritto poeti, filosofi e letterati. Voglio sgombrare una volta per tutte il campo da menzogne, illazioni, fantasie e congetture, ristabilendo i termini esatti della verità”.
Inarrivabile, inimitabile, Andrea Camilleri scelse il teatro greco di Siracusa per uno straordinario spettacolo in cui, come attore e autore, ha voluto omaggiare (e incantare) il pubblico che ha ascoltato dalla sua inconfondibile voce roca i versi amati di Dante o di Eliot, ma, soprattutto, ha fatto vivere Tiresia, nella sua cecità che, invece, è vederci veramente, nella profondità delle emozioni, tra le pietre del teatro greco di Siracusa. “Ho sentito l’urgenza di riuscire a capire cosa sia l’eternità e solo venendo qui posso intuirla, solo su queste pietre eterne” ha detto Andrea Camilleri a Siracusa.
“Siracusa merita il calcio che conta, sognare non costa nulla. È sempre più importante avere un obiettivo, perché ti dà la forza di poterti svegliare e dire: cosa posso fare per migliorare”, ha detto Walter Zenga.
E lo sfondo è il medesimo, la cittadina dalla storia millenaria, tra le più vaste metropoli dell’età classica, a “giocarsela” con Atene in fatto di potenza e splendore. E la squadra che rappresenta sul rettangolo di gioco verde quella che, per secoli, è stata la città capitale della Sicilia, è giunta all’ultimo atto. Una stagione che come aveva promesso mister Turati ha avuto un “Siracusa battagliero, sudore e appartenenza” e che ha registrato il numero più alto di vittorie del girone, ventiquattro, e la migliore difesa, con soli quindici reti incassate.
Un 2024/2025 che ha visto a lungo la compagine siciliana guidare la vetta della classifica, come ora, prima dell’ultimo match. E tra gli altri a contribuire ad un’edizione del torneo che, a prescindere, sarà custodita gelosamente negli annali di storia del calcio made in Siracusa, da citare l’esperienza di Mauro Candiano, italo-tedesco, trentadue primavere ma ancora tanto cuore da mettere a centrocampo, la fantasia e l’estro di Carmelo Limonelli, siciliano doc, nato a Catania – uno che, nel calcio che fu, sarebbe stato raccontato come il “trequartista”, il numero 10“ – e Domenico Maggio, anni trentacinque, attaccante di quasi due metri di altezza, nato a Napoli.
La città che in quegli anni Novanta che videro la nascita di Maggio Domenico, aveva una squadra di calcio con la casacca azzurra e in campo un trio che si chiamava “Ma.Gi.Ca”, e ricordare di chi si tratta sarebbe offendere la memoria collettiva, che a Siracusa è diventato “Ma.Li.Ca”. Ma senza la K, quella è Ayane e canta divinamente. “Comunque vada sarà un successo” e, per gioco del destino, la curva finale di una lunga corsa, ginocchio a terra, parafrasando le appassionate telecronache del cantore del motociclismo moderno in tv, Guido Meda, sarà tra Siracusa e Reggina, Magna Grecia contro Magna Grecia. Syrakousai contro Rhéghion. Storia, di calcio ma non solo.