Papelitos
02 Maggio 2020

Gli stadi nel post-umano

Dopo la carne non carne, arriva lo stadio non stadio!

Venerdì primo maggio appariva sul Corriere della Sera un articolo dal titolo emblematico “Come cambieranno gli stadi?”: secondo noi, un esercizio di terrorismo dialettico. I due autori, Carlos Passerini e Arianna Ravelli, hanno sostanzialmente condensato nel pezzo le più pessimistiche ipotesi normative da adottare – in un presente/futuro prossimo – per limitare il contagio da Covid-19. Tutte presentate, ovviamente, da accreditati personaggi in vari campi: dall’epidemiologo statunitense Zach Binney al nostrano, onnipresente in tv e sui giornali, mitico virologo-popstar Roberto Burioni, passando per gli architetti Mark Fenwick e Alessandro Zoppini.

 

 

Gli scenari distopici e post-apocalittici qui prefigurati, ripetiamo, i più pessimisti possibile riguardo la durata del virus, prevedono la predisposizione di misure a dir poco surreali da adottare negli stadi (di calcio e non solo, ovviamente). Per prima cosa, secondo Binney, gli impianti dovranno rimanere chiusi per almeno 18 mesi, quindi la stagione 2020/2021 sarebbe totalmente disputata con partite a porte chiuse.

 

Drastica riduzione della capienza per distanziare gli spettatori, mascherina obbligatoria, apparecchi di riconoscimento facciale, termoscanner per la temperatura corporea e code infinite per entrare ma anche per uscire, perché si devono evitare assembramenti! E poi il divieto di abbracciarsi ad un gol, l’obbligo di stare seduti, la sanificazione continua dei bagni, le porte a raggi infrarossi, il divieto di pagare le consumazioni al bar con le banconote.

 

 

In secondo luogo, una volta passato questo periodo e riaperti gli stadi, nulla sarà più come prima: l’architetto Fenwick (uno che se ne intende, avendo progettato tre degli otto impianti del mondiale che si disputerà in Qatar nel 2022, il cui parere non è certo “disinteressato”) prefigura una drastica riduzione della capienza per poter distanziare il pubblico. Se si pensa che i seggiolini sono attaccati e larghi tra i 45 ed i 50 cm, si dovrebbe posizionare uno spettatore ogni due posti almeno.

 

 

Poi si passa al teatro dell’assurdo con la mascherina obbligatoria ma la dotazione di apparecchi di riconoscimento facciale al posto della classica “perquisa” all’ingresso, il termoscanner per la temperatura corporea e quindi code infinite per entrare ma anche per uscire, perché si devono evitare assembramenti! Un’ora e mezza di partita potrebbe costarci ore di attesa, per l’accesso ed il deflusso dallo stadio.

 

Come cambieranno gli stadi con il Coronavirus: conosci il postumanesimo?
Do you know postumanesimo?

 

 

E poi il divieto di abbracciarsi ad un gol, l’obbligo di stare seduti (che gli articolisti imputano solo agli ultras, come se fossero gli unici ribelli e maleducati a stare in piedi negli stadi) e perché no – questa la aggiungiamo noi – , il divieto di urlare al gol in quanto fonte di “droplet”? Le scemenze proseguono con la sanificazione continua dei bagni, le porte a raggi infrarossi, il divieto di pagare le consumazioni al bar con le banconote.

 

 

E chi si potrà permettere uno stadio così: in Italia forse le prime 5/6 società in ordine di fatturato, e le altre? Si giocherà una serie A con 5 squadre che si incontrano 6 volte? E le serie minori, ma che comunque hanno un buon seguito di pubblico, che fine faranno? Il calcio non si può permettere uno scenario del genere, come non sarebbe possibile continuare a frequentare lo stadio in simili e grottesche condizioni; soprattutto per noi, che lo viviamo nonostante tutto come una seconda casa.

 

 

Ma soprattutto il pezzo del Corsera vuole instillare paura: goccia dopo goccia i media ci stanno inculcando il concetto di diffidenza e lontananza fisica, vita-natural-durante (o quasi). Questi articoli delineano compiaciuti il peggiore dei mondi possibili, forse anche sperando che si concretizzi – d’altronde gli unici a guadagnarci sarebbero alcuni colossi/aziende dell’edilizia. Da parte nostra, che rappresentiamo un assembramento virtuale senza più luoghi di raduno, continueremo a combattere contro gli stadi in provetta. E per quanto possa valere, certezza ancor più immediata, a non comprare i vostri giornali o sottoscrivere gli abbonamenti on-line.

 

 

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Marco Gambaudo

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