Utrecht, Olanda, 31 ottobre 1964 nasce Marcel, al secolo Marco, Van Basten. La nonna di MVB non riesce a pronunciare il nome Marcel correttamente e quindi si vira ad un più pratico Marco nella vita di tutti i giorni. C’è poco di casuale. Nel ragazzo, pragmatismo ed estro convivono in una simbiosi unica.
Dal 3 aprile 1982, giorno del suo esordio con gol con la maglia dell’Ajax, al 26 maggio 1993 finale di Champions League persa a Monaco di Baviera dal Milan contro i francesi dell’Olympique Marsiglia, il centravanti olandese eleva il concetto di calciatore portandolo vicino al sublime. Ok Pelé, d’accordissimo sul suo connazionale Johan Cruijff, Platini c’est magnifique, ma uno Van Basten da dove spunta fuori? Lui sul campo volteggia, non corre, tanto è leggero ed etereo. Come un étoile del teatro dell’Operá di Parigi. Non a caso c’è chi lo definirà “Nureyev in scarpini da calcio”, mentre Carmelo Bene sosterrà:
“Potremo avere un altro Maradona, non nascerà mai più un Van Basten”.
Un vero e proprio unicum sul prato verde. Con buona pace di Zlatan da Malmoe: un erede di De Gazzelle non è ancora apparso sul pianeta calcio. Van Basten, con il Ronaldo di Rio de Janeiro, è il più grande 9 della storia del Gioco.
Ardwick, borgo alle porte di Manchester, 31 ottobre 1963 nasce John Martin Maher, conosciuto dai più come Johnny Marr. Professione chitarrista dei The Smiths, band di enorme successo in Gran Bretagna, e non solo, tra il 1982 e il 1987. Fonte di ispirazione per innumerevoli professionisti delle 6 corde come Noel Gallagher e John Squire ed autori di libri come Jonathan Coe o il più noto Nick Hornby. JM è un calciatore mancato, come testimoniano i provini falliti a metà anni 70 con il Nottingham e il Manchester City. Meglio così, perché una macchina di armonia e legati come Johnny si è vista poche volte in studio e sul palco.
MVB dipinge gioco con lo stesso rigore inventivo di Mondrian. Esalta il gol con colori, sfumature e tonalità mai viste in un campo prima del suo avvento. In poco più di 11 anni di carriera delizia i palati di chiunque inaugurando l’era del centravanti totale. Tifosi e, escluso O’Animale Pasquale Bruno, anche avversari. Come diceva il suo nemico/amico Arrigo Sacchi“chi vince giocando bene, vince due volte”. Marco, nella sua potente e forte lirica tecnica, ha fatto suo questo motto, risultando spesso decisivo per le sorti delle tre maglie indossate nella sua vita: Ajax, Milan, Olanda. 242 reti in 334 match disputati. Numeri che non rendono giustizia a quanto dato da Van Basten al Calcio e allo sport.
In ancora meno tempo – se possibile – Johnny Marr porta sulla chitarra uno stile mai ascoltato prima. Continue re-interpretazioni e melodie in 7+ (o maj7 per dirla all’americana), un sound avvolgente e riconoscibile fin dal primo ascolto, senza perdere nulla in termini di freschezza. Il suo estro compositivo è il plusvalore alla voce e alle parole dell’inquieto Morrissey. 5 anni di produzioni continue, 4 dischi, un paio di raccolte, innumerevoli live in giro per il mondo, hit indimenticate come “Heaven Knows I’m Miserable Now”, “This Charming Man”, “Panic” ad immortalare qualcosa di unico.
Poi il botto nel 1987. La separazione dal suo gemello musicale Morrisey e la chiusura definitiva con gli Smiths. Nello stesso anno, Van Basten – reduce da infortunio alla maledetta caviglia – vince la Coppa delle Coppe con l’Ajax e passa al Milan. Le caviglie per Marco, problemi di alcolismo per Johnny. 7 operazioni chirurgiche per MVB, svariati mesi di cliniche per JM. Entrambi puniti per troppa bellezza, entrambi assoluti protagonisti – e qualcosa di più – del loro mondo e delle loro epoche. Entrambi dispensatori di dimensioni e visioni che vanno oltre il logico e la passione.
Chissà quante volte Marcel si è ritrovato a chiedere, tra una rete in finale di un Europeo ed un’artroscopia alla caviglia, “Please, Please, Please Let Me Get What I Want” al Barba in cielo. La risposta resterà sempre un segreto tra loro due.