Interviste
28 Dicembre 2022

Ascoli calcio, comunità e tradizione

Gli Ultras 1898 custodiscono il fuoco del tifo ascolano.

È gentile ma intransigente, Costantino Rozzi, quando deve precisare che la sua non è una squadra piccola: puntualizza, con la schiettezza folcloristica tipica del suo fare, «noi siamo una grande società che sta in una piccola e meravigliosa città». Perché l’Ascoli Calcio non è soltanto la rappresentante calcistica di una cittadina, è mito, storia e azione, che dal 1898 incarna il sentimento popolare dell’intera città e non solo. L’illustre passato le permette di ergersi a vestale dell’intera tradizione calcistica marchigiana, secondo quella mappa tracciata proprio dal Presidentissimo, che vedeva le Marche come un campo da calcio «con una porta sul Tronto e l’altra sul Metauro». Dici Ascoli e dici tutti i comuni che sono veri e propri feudi bianconeri, fortezze del tifo dislocate lungo tutta la regione, specialmente dal centro al sud.

Se la leggenda vuole che fu il tambureggiamento di un picchio, sacro ad Ares, a condurre i Piceni dalla Sabina alle Marche, che perciò al picus devono il nome, il carattere del popolo ascolano rivive oggi nelle voci che al Del Duca si levano a perpetuare quel rito che è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. La Curva Sud Rozzi è il tamburo bianconero. È un luogo ideale e spirituale più che fisico, a maggior ragione oggi che, dopo i danneggiamenti causati dal sisma e la conseguente demolizione, è in attesa di ricostruzione.

Un’avversità che non ha scalfito i tifosi bianconeri, che al problema hanno ovviato trasferendosi sul versante nord, a quasi cinquant’anni dall’ultima volta. Perché l’animo ostinato della tifoseria picena emerge fin da subito: quando, nel 1974, alla prima stagione in A dell’Ascoli Calcio (guidata da Carlo Mazzone, da poco cittadino onorario di Ascoli), si costituisce il ‘Settembre Bianconero’, il primo gruppo organizzato. Il rimando all’organizzazione terroristica palestinese Settembre Nero non pare troppo velato, così come traspare senza troppe remore la connotazione ideologico-politica del gruppo, simboleggiata da un apparato iconografico di evidente ispirazione “storica”.

Ascoli calcio
Curva Sud (dal ’94 Curva Rozzi), animata dallo storico gruppo Settembre Bianconero; a sinistra, una bandiera con l’iconico picchio. Anni ’80.

La presenza sugli spalti è da subito massiva, sia in casa che in trasferta: si contano fino a quattromila presenze lungo tutta la Penisola, da Napoli a Genova passando per Torino e Milano, senza tralasciare i centri minori. Lo scontro è connaturato alla tifoseria bianconera, così come un’irrequietezza sfrontata che da sempre caratterizza il tifo più caldo ascolano, regolarmente al centro di polemiche ed inchieste mediatiche. Molti gruppi hanno vita breve, alcuni confluiscono in altri con le formazioni che si fondono e talvolta confondono. Ciò che resta immutabile è però il portamento, l’habitus repellente alla moderazione e ostile all’ideologia del progresso.

A dimostrazione della comunione d’intenti e di ideali tra gli schieramenti che si susseguono, da Settembre Bianconero discendono vari gruppi senza che il tempo ne affievolisca l’indole e il carattere. Passando per gli ‘Ascoli Piceno Ultras’ si arriva, nel 2012, alla nascita di quella che oggi è la formazione principale: gli Ultras 1898, «orgogliosamente Piceni, figli di una millenaria civiltà», devoti a quella tradizione che va «tramandata di generazione in generazione». Neanche a dirlo, rimane fervente l’idea di una «tolleranza zero al calcio moderno».

Per gli Ultras 1898, storia, azione e mito trovano una sintesi nella tradizione, che – si legge in un comunicato a mezzo Facebook, con una citazione di Mahler – «è custodire il fuoco, non adorare le ceneri». Se le personalità presenti in curva cambiano, la memoria e la meta rimangono fedeli alla propria origine. La vocazione comunitaria dell’Ascoli Calcio ci è confermata a parole da Alfredo, uno dei vertici degli Ultras 1898: lo incontriamo in sede, nel prepartita di Ascoli-Frosinone, mentre si sta organizzando un omaggio alla memoria di Gabriele Sandri con uno striscione che, a proposito di repressione e provvedimenti irragionevoli, non potrà entrare allo stadio.



L’Ascoli Calcio è tradizione e radicamento: come si onora, in campo e fuori, quest’eredità?

Si onora continuando a tramandare alle generazioni future l’amore per l’Ascoli, la nostra “piccola” squadra che in quasi 125 anni di storia ha dato battaglia in ogni campo d’Italia, soprattutto negli anni di Costantino Rozzi, tra la metà degli Anni ‘70 e ’90, con quattordici stagioni in serie A su ventisei di gestione del Presidentissimo. Oggi le TV, i social e gli sponsor fanno sì che i giovani si interessino più ai grandi giocatori e alle squadre più titolate; noi Ascolani, invece, teniamo fede alle vecchie tradizioni, per cui chi nasce ad Ascoli tifa Ascoli.

Passeggiando per la città è facile trovare ancora il ragazzino con indosso il materiale dell’Ascoli Calcio, o i bambini a giocare con la maglia bianconera al campetto. Inoltre gli Ultras 1898 sono attivi sul territorio, come nel caso del sisma del 2016 e la successiva nevicata, con interventi di aiuto sul posto e successive raccolte fondi, collette e raccolte di beni di prima necessità utili alle famiglie bisognose: la gente del posto, senza inutili clamori mediatici, ci è riconoscente. Ultimo in ordine cronologico l’intervento per l’alluvione nell’Anconetano. Ascoli “non conosce resa”, e noi ultras siamo davvero legati alla nostra terra natìa.

Ostra, Settembre 2022. Ultras 1898 in soccorso delle vittime dell’alluvione

Repressione del tifo organizzato, caro biglietti e calendari improponibili: cosa significa tifare nell’epoca del calcio moderno?

Tifare nell’epoca moderna vuol dire essere disposti a fare sacrifici, ad esempio a causa dei turni infrasettimanali sempre più frequenti. Spesso si perdono anche due giorni di lavoro, o si rinuncia a stare con la famiglia, per seguire la squadra in trasferta; a questo si aggiungono i costi eccessivi dei biglietti, per settori che di popolare non hanno niente. Sentiamo spesso dire dai potenti del calcio che l’obiettivo è riportare le famiglie allo stadio, addossando alle curve la colpa del loro spopolamento; chi lo stadio lo vive veramente, però, sa che il motivo dell’allontanamento dagli stadi non sono le curve, forse gli ultimi settori che ancora pullulano di passione, ma il caro biglietti, gli orari imprevedibili, le partite non più di domenica e le pay TV che ti permettono di vedere a pochi euro un mese intero di campionato, come la nuova di Helbiz per la B.

La repressione verso gli ultras è arrivata a livelli incredibili, spesso lo stadio sembra più un luogo di esperimenti sociali: non scordiamo che con il daspo ti trovi a scontare la pena pur non essendo condannato in via definitiva. Anzi, nel novanta per cento dei casi vieni assolto, ma nel frattempo hai passato anni lontano dalla squadra, sostenendo spese legali che, come il periodo di militanza, nessuno ti potrà mai restituire.

Nel periodo delle restrizioni anti covid, insieme agli altri gruppi, avete compiuto una scelta radicale, decidendo di non entrare allo stadio… 

Durante il periodo pandemico, sono venute meno tutte le condizioni che noi riteniamo indispensabili per vivere gli spalti al modo degli ultras, come luogo di aggregazione, che è uno dei fattori principali di un gruppo ultras per poter creare folclore in curva; sempre a proposito di forzature e di esperimenti sociali, abbiamo notato una totale assenza di logica, per cui le stesse persone che avevano viaggiato insieme per ore verso lo stadio, sono state poi multate persone perché troppo vicine o senza mascherina. Noi, come scritto nel comunicato, ci siamo rifiutati di dover scegliere e selezionare arbitrariamente chi avesse il diritto di entrare e chi no: la sofferenza peggiore è stata vedere l’Ascoli in campo senza di noi sugli spalti, ma siamo abituati a questo tipo di battaglie, come nel caso della tessera del tifoso.

Tifo e nuove generazioni: come sta evolvendo il mondo ultras in questo periodo storico così particolare?

Le nuove generazioni evolvono di pari passo con la società contemporanea. Oggi la militanza è cosa sempre più rara, si sta perdendo il valore del sacrificio, della passione e della fede in qualcosa; la società si sta omologando sempre più, ma il nostro compito è anche di insegnare ai ragazzi il valore del legame con la terra d’origine, della comunità e della tradizione, per cui la partita non è l’evento in sé, ma il culmine di un processo che dura l’intera settimana. C’è una preparazione complessa, un gruppo portante deve pensare a tutte le dinamiche della curva per farla esprimere al meglio: si prepara la partita con la riunione, gli striscioni da fare e situazioni particolari come eventuali omaggi, proteste e cori particolari, che fanno sì che la “domenica” si viva la partita alla maniera degli ultras, come un rito simbolico che coinvolge tutto il popolo bianconero.

ascoli calcio
“Daremo la vita per la nostra terra”

Dopo un paio di birre Alfredo ci saluta, il dovere lo chiama. Sciarpe al collo, la fiumana bianconera coinvolge tutta la città alla volta dello stadio: da quasi mezzo secolo, al Del Duca, il canto degli ultras echeggia a rinvigorire la tradizione del picus e delle sue genti, a lottare per quella maglia “intrisa di storia”, a dirigere gli undici in campo e con essi fondersi in un tutt’uno; esemplare, nel maggio scorso, la gara di playoff contro il Benevento, che instillò nei tifosi ascolani la concreta suggestione di uno storico ritorno nella massima serie. In quella circostanza gli Ultras 1898 diedero il meglio di sé, mostrando di essere profondamente devoti alla terra d’origine.

Perché al di là delle etichette politiche e delle inchieste giornalistiche, metodi mass-mediatici triti e ritriti per delegittimare tutta una curva, è in questo carattere di identità e memoria, in questo profondo senso di comunità, che riposa il vero carattere del tifo italiano: orgoglioso, viscerale, campanilistico; proprio come Costantino Rozzi, che mai si stancava di ribadirsi “prima di tutto un Ascolano“. Nella mattinata di lunedì, non a caso, è stata inaugurata la statua del Presidentissimo voluta dagli Ultras 1898: lo sguardo è volto al Del Duca e veglia sulla fede degli Ascolani, a difesa di quell’eredità che non si lascia scalfire dal tempo e, come ogni autentica istanza d’amore, tutto vince.

Gruppo MAGOG

Matteo Zega

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