La sospensione di Brasile-Argentina non è puro teatro.
Mamarracho, papelón, vergüenza.Sono di questo sapore le parole che hanno accompagnato le assurde immagini che venivano trasmesse dall’Arena Corinthians al mondo. Sono rimbalzate come un flipper mediatico battute dalle agenzie argentine a quelle brasiliane per approdare, infine, al Vecchio Continente. D’altronde, se dopo soli sei minuti di gioco la partita più importante dell’emisfero australe viene interrotta, qualcosa di clamoroso deve essere accaduto. Diciamocela tutta, stupirsi rispetto alle notizie che giungono da quella parte del mondo è a dir poco ingenuo. Negli ultimi anni abbiamo visto partite decise a tavolino per aggressioni ai giocatori con lo spray urticante, pullman delle squadre assaltati a mo’ di diligenze nei film di Sergio Leone, oltre alle ricorrenti scazzottate iconiche.
Una normalità alterata da un certo grado di consuetudine che, come le povere rane bollite di Chomsky, non ci fanno ormai più effetto, al massimo strappano il sorriso amaro e sornione di chi guarda all’oratorio i ragazzini scapicollarsi per raggiungere il pallone. Ma questa volta è diverso: derubricare tutto a folklore sarebbe ingeneroso e intellettualmente disonesto. A beneficio di chi, giustamente, stava soffrendo di fronte alla sterile prestazione degli Azzurri, si ricorda che la partita tra Brasile e Argentina, valida per le qualificazioni al Mondiale di Qatar 2022, è stata sospesa da parte delle autorità brasiliane dell’Anvisa.
Fin qui tutto – o quasi – nei limiti dell’accettabile. Ma è la ragione, ovvero la violazione del protocollo sanitario, a lasciare senza parole. In breve, in Brasile la normativa vigente prevede l’obbligo di quarantena per chiunque sia transitato nei 14 giorni precedenti dal Regno Unito. Questo ha comportato l’esclusione dalla lista dei convocati di alcuni giocatori verdeoro militanti in Premier League, come Richarlison e Gabriel Jesus.Al contrario, in Argentina, non è presente una disposizione di questo tipo e la CONMEBOL aveva dato le proprie rassicurazioni sulla possibilità di schierare regolarmente Emiliano Martinez, Emiliano Buendía, Giovani Lo Celso e Cristian Romero. Ma quando sul campo si sono presentati i garanti dell’ordine per prelevare i quattro giocatori e riportarli in aeroporto, tutto ha assunto i contorni dell’assurdità.
«Quello che è successo oggi è negativo per il calcio, è un’immagine davvero brutta. Quattro persone sono entrate in campo per interrompere la partita e la Conmebol ha intimato ai giocatori di tornare negli spogliatoi. Non c’è stata nessuna bugia: ci sono delle regole sanitarie seguendo le quali si disputano tutti i tornei sudamericani, regole approvate dalle autorità sanitarie di tutti i paesi partecipanti. Noi le abbiamo seguite».
Carlos Tapia, Presidente AFA
Sia chiaro, non si discute certo l’attività normativa del paese, ci mancherebbe. In questo paio di anni abbiamo assistito a una confusione legislativa in merito alle misure di contenimento del contagio che non ha sottratto nessun ordinamento. Avevamo persino parlato di Serie Asl in occasione dell’imbarazzante vicenda che aveva coinvolto il Napoli prima della sfida contro la Juventus, non ci metteremo ora a fare la paternale su un tema di cui non abbiamo le competenze per esprimerci.
Non discutiamo la sostanza, dunque, ma i modi. Non stupiscono a tal proposito le reazioni accorate di Scaloni e Messi, concordi nell’affermare:
«Ascoltatemi, siamo qui da 3 giorni e hanno aspettato che iniziasse la partita per dirci che non potevamo giocare?».
Leo Messi
E proprio questo sembra essere il punto focale della vicenda. Perché attendere l’inizio della partita quando queste misure si sarebbero facilmente potute mettere in atto tempestivamente prima della trasferta dell’Albiceleste, comunicando l’obbligo di rispetto del protocollo, o in ritiro nei giorni antecedenti alla partita, alla peggio anche negli spogliatoi immediatamente prima dell’inizio del match? Anche il più ingenuo non potrà evitare di considerare la scelta volontaria e ponderata. Una manovra talmente dirompente e totalmente inaspettata, come dimostrano le reazioni di tutte le parti coinvolte, che obbliga a una riflessione più profonda sul significato del gesto.
«Quello che è successo mi rattrista molto. Non cerco colpevoli. Che sia successo qualcosa o meno, non era questo il momento di intervenire in questo modo. Avrebbe dovuto essere una festa, l’occasione di vedere i migliori giocatori del mondo. Voglio che la gente argentina sappia che come commissario tecnico devo difendere i miei giocatori: se qualcuno entra in campo dicendo che dobbiamo andarcene o che ci vogliono deportare, io dico loro che non ci sono possibilità. Non ci hanno mai detto che non potevamo giocare: il delegato Conmebol ci ha detto di tornare in spogliatoio e così abbiamo fatto. Abbiamo subito un danno. Noi volevamo giocare, il Brasile voleva fare la stessa cosa»
Lionel Scaloni, CT Argentina
Il fatto è che l’America del Sud fatica ancora a liberarsi da una forma di teatralità endemica nel modus vivendi latino. Spesso si tratta di comportamenti curiosi, caratteristici, che aiutano ad alimentare la dimensione culturale di un continente vivo e vibrante. Il problema è che certi atteggiamenti quando sfruttati dal potere centrale altro non diventano che strumenti propagandistici dalla portata deflagrante. Si dice che a pensar male si fa peccato, ma spesso si indovina. E allora è inevitabile dedurre che la partita più importante del continente abbia rappresentato l’occasione perfetta per mostrare agli occhi del mondo la rinnovata attenzione dell’esecutivo verdeoro in merito alle misure relative al contenimento del contagio, cucendo molte bocche maligne sulla gestione pessima della pandemia nel paese da parte del Presidente Bolsonaro.
Onestamente, quello che succederà ora dal punto di vista sportivo è una considerazione secondaria. La CONMEBOL ha dichiarato che discuterà con la FIFA le decisioni da assumere in merito. Sarà poco rilevanti anche dal punto di vista sportivo, vista la situazione decisamente tranquilla delle due squadre nel girone. Più che altro, a rivedere le immagini stucchevoli della notte paulista, ci balzano alla menteleparole illuminate di Mario Vargas Llosa:
Ciò di cui ora abbiamo bisogno è che l’America Latina porti a termine nell’ambito politico e sociale le stesse conquiste che i suoi creatori hanno raggiunto nel campo della letteratura, delle arti, della musica e del cinema. Per questo motivo c’è bisogno di meno deliri e più sensatezza e razionalità.
M. Vagas Llosa, Sogno e realtà dell’America Latina (Liberilibri, 2020)
Meno deliri. Più sensatezza e razionalità. Per il bene del calcio, per il bene di un continente.