Papelitos
29 Gennaio 2020

Daniele De Rossi come ideale

Daniele De Rossi, il mio io in campo.

“Non escludo che nei prossimi anni mi troveranno (i tifosi, nda) intrufolato con la birra e col panino in qualche settore ospiti a tifare per i miei amici ”, aveva promesso nella sala stampa di Trigoria quel bastardo 14 maggio. E quando si tratta di Daniele De Rossi l’uomo viene sempre prima dell’atleta, l’onestà prima della diplomazia, la verità prima della convenienza. De Rossi non le sa dire le bugie.

 

Daniele De Rossi quindi si è fatto truccare, installare una parrucca e un naso finto, e imbacuccato come un quivis de populo si è posizionato in Curva Sud a godersi il suo primo derby da romanista non calciatore. Alla moglie Sarah che, riprendendolo in video, gli dice che sta parlando con la madre sussurra “A ma’ vado in Curva Sud”, contento come un bambino che non ci è mai stato. Lui, che è come noi, con Zoro e Mastandrea, due cavalieri dell’intelighencjia giallorossa, in mezzo a noi per vincere la partita delle partite.

 

Passano gli anni, cambiano i giocatori e anche i presidenti, ma noi saremo qua, canta goffamente durante la stesura della coreografia. Quella tediosa narrativa sulle bandiere ci osserva minacciosa, è facile incorrere nella pesante retorica del calciatore tifoso. Ma con Daniele è diverso, perché già lo sapevamo che era il vanto nostro, ma tra la potenza e l’atto sta il coraggio di essere se stessi.

 

 

 

 

Avrebbe potuto comparire come divo portato in processione tra capi ultrà spesso interessati e ambigui. Avrebbe potuto monopolizzare l’attenzione mediatica, al suo rientro all’Olimpico dal 26 maggio, avrebbe potuto e non ha fatto. Questa è la differenza con chi strafa. Quelli come lui, che sono come noi, amano la Roma gratuitamente. Daniele De Rossi è il romanismo, dicevamo qualche mese fa durante l’eruzione di quel vulcano egotico chiamato Francesco Totti.

 

E lo è ancora di più oggi, in questa settimana così buia per gli amanti dello sport, in cui un eroe sportivo decide di essere e non di apparire, di fare e non di proclamare. ‘Perchè dobbiamo ringraziare Dio di essere romanisti’, ci ricorda. Per Agostino la Sud scrisse “Ti hanno tolto la tua Roma non la tua Curva”, e questo vale anche per te Daniele.

 

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