La conferma di Carlo Tavecchio, una vittoria più di clientele che di programmi.
Mentre l’opinione pubblica continuava a parlare di polemiche arbitrali, di rigore o non rigore, di regolamenti, di favoritismi e tutto il resto, a Roma, presso l’Hilton Rome Airport di Fiumicino, nella giornata di ieri si votava per l’elezione del presidente della FIGC. Il che significa che si andava ad eleggere l’uomo che, in prima persona, prenderà le decisioni dell’intero movimento calcistico italiano. Hanno partecipato 279 delegati in rappresentanza di Serie A, Serie B, Lega Pro, Dilettanti e le Associazioni Calciatori, Allenatori e Arbitri. In quella sala, ieri, c’era il calcio italiano: dai campetti di periferia fino a San Siro. Ha vinto, per la seconda volta consecutiva, Carlo Tavecchio. L’altro candidato era Andrea Abodi, presidente dimissionario della Lega Serie B che aveva lavorato egregiamente negli ultimi anni con progetti innovativi, guadagnandosi una certa autorità nel mondo del calcio italiano. Tavecchio ha avuto la meglio con il 54,03% dei voti contro il 45,97% di Abodi, risultato arrivato solo alla terza e ultima votazione. Importante il 2% rappresentato dall’AIA (Associazione Italiana Arbitri) che è andato in favore del rieletto presidente non senza polemiche.
Il Presidente Nazionale dell’Associazione Italiana Arbitri Marcello Nicchi
Ma facciamo un passo indietro per capire meglio la situazione. Nell’estate 2014 la FIGC si è trovata a gestire una situazione critica a causa delle improvvise dimissioni di Giancarlo Abete. Nel giro di poche settimane è stata convocata un’assemblea per andare al voto. I candidati, tre anni fa, erano lo stesso Tavecchio (poi eletto) e Demetrio Albertini. I giorni precendenti l’elezione furono – da buona tradizione italiana – ricchi di polemiche e controversie legate alle dichiarazioni del futuro presidente sui calciatori extracomunitari. Molti personaggi dello sport (fra cui Gigi Riva, Enrico Preziosi, Adriano Galliani e Maurizio Zamparini) presero le sue difese accusando i critici di falso moralismo e tentativi di destabilizzazione. Tavecchio, effettivamente, perse voti ma riuscì ad imporsi fra il malcontento popolare. Tuttavia il suo lavoro, fino a questo momento, ha smentito tutti. La mossa più strategica del suo mandato è stata quella – immediata – di chiamare Antonio Conte sulla panchina della Nazionale, gesto che ha riacceso la passione italiana per la maglia azzurra, soprattutto dopo gli ultimi Europei in Francia. Nell’assemblea di ieri l’ex sindaco di Ponte Lambro ha ribadito i progetti per il movimento calcistico nazionale. Innanzitutto la riforma della Serie A, sempre a venti squadre ma con sole due retrocessioni. Questo comporta anche la modifica del campionato di B, che vedrà due promozioni ma la riduzione delle squadre dalle 22 attuali a 20. Altra modifica riguarda il format della Lega Pro. Attualmente le squadre sono 60, suddivise in tre gironi; anche qui, Tavecchio vorrebbe una riduzione del numero di club, con la formazione di due soli gironi con 20 contendenti ciascuno. Sono modifiche che non porterebbero grosse rivoluzioni, si resterebbe, dunque, in una fase più o meno simile a quella attuale. L’unica proposta fuori dall’ordinario è l’apertura alle seconde squadre di A, le famose Primavere. L’idea è quella di non farle scontrare in campionati appositi per la categoria, ma iscriverle al campionato di Lega Pro con il vincolo di non poter né retrocedere né salire di categoria (come già accade in parte in Spagna e in Germania). Una proposta poco chiara nella forma e, per il momento, remota, che porterebbe però senza dubbio ad un aumento nella qualità dei giovani calciatori italiani.
Carlo Tavecchio al cospetto dell’Assemblea Elettiva
Dall’altra parte il secondo candidato, Andrea Abodi, con alle spalle una carriera da manager non indifferente, aveva consegnato le dimissioni alla Lega Serie B per puntare alla presidenza della FIGC. Dalla sua aveva i voti di Serie B, Lega Pro e Associazione Italiana Calciatori che, però, non sono bastati. Rispetto alle nuove proposte “non rivoluzionarie” di Tavecchio, quelle di Abodi potrebbero essere definite “futuristiche”. Prevedevano anch’esse la riforma dei campionati, ma cambiamenti non di tipo “quantitativo” (riduzione del numero di squadre, retrocessioni, promozioni), ma “qualitativo”. In primis l’ammodernamento degli stadi basato sull’ambizioso modello B-Futura, progetto della serie cadetta presentato dallo stesso Abodi. Esso si propone di affrontare la tematica dello scarso coinvolgimento diretto del pubblico, al fine di favorire l’avvicinamento delle comunità di tifosi allo spettacolo sportivo. Un progetto in parte finanziato dalla stessa Lega che porterà alla costruzione e/o ammodernamento degli impianti sportivi italiani, fra i più vecchi d’Europa. Altri progetti interessanti di Abodi erano la revisione della giustizia sportiva attraverso l’uso della tecnologia e controlli più mirati sul Fair Play finanziario. Idee (queste sì) rivoluzionarie, realizzabili a lungo termine, e quindi difficili da accettare da una classe dirigente anziana come la nostra.
Il candidato “rivoluzionario” uscito sconfitto
La votazione è stata equilibrata e si è protratta fino al terzo turno. La vittoria di Tavecchio era pronosticata da tempo ma, nonostante la sconfitta, Abodi ha incassato numerosi consensi che fanno ben sperare per il futuro, anche se il diretto interessato ha lasciato intendere di non volerne sapere, almeno per il momento
“Gran parte del mio futuro è nelle mie mani e un altro pezzo è in chi deve valutare la mia competenza, magari non in questo sistema ma in un altro contesto”
C’è rammarico nelle sue parole, in particolare in riferimento al designatore Nicchi e a tutto l’ordine arbitrale: «C’è amarezza, perché quel 2% per me era sacro e rimane sacro. Ancora più mortificante è il non aver mai sentito nominare (nel discorso del presidente dell’AIA Marcello Nicchi, ndr) il secondo candidato né la Lega B e tutto il lavoro, il rispetto e la collaborazione data al corpo arbitrale in sei anni». Una caduta di stile importante, aggravata dall’iniziale decisione di astensionismo al voto da parte degli arbitri. Ad approfittare della situazione Carlo Tavecchio (il quale resterà alla guida della FIGC fino al 2020) che si è detto soddisfatto del risultato ottenuto lanciando un messaggio ben preciso: «Con la forza con cui ci si divide bisogna ritrovare la stessa forza per unire». Quella di ieri era una buona occasione per aprirsi al nuovo, per riuscire a raggiungere sul piano dell’organizzazione (ovviamente non nell’immediato) i club europei: quelli inglesi, che hanno stadi di proprietà anche nelle serie minori; quelli spagnoli e soprattutto tedeschi, che grazie a progetti a lungo termine nei settori giovanili sono diventati i dominatori della scena calcistica europea; ma anche quelli francesi, in crescita. In Italia preferiamo restare confinati nel passato, in un limbo in cui avanzano proposte di modifiche che in realtà non modificano nulla. Il presidente è stato eletto e resterà in carica per i prossimi quattro anni, non ci resta che attendere.
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