Italia
05 Gennaio 2023

Finalmente l'Inter, anche in campionato

Inter e Napoli si scambiano certezze.

Se i primi giorni del nuovo anno sono sempre carichi di buone intenzioni, quelle dell’Inter non hanno tardato a manifestarsi. La vittoria nel big match della sedicesima giornata ha il sapore di rinascita per i nerazzurri: non tanto per il risultato in sé ma per le modalità con cui è avvenuta, per la consapevole superiorità dimostrata in campo. Già a uno sguardo del tabellino le soddisfazioni non mancano; far capitolare per la prima volta in stagione la migliore squadra europea del 2022 è sufficiente motivo di vanto – i ragazzi di Spalletti erano reduci da 13 vittorie in 15 partite di campionato, con una striscia di imbattibilità risalente addirittura allo scorso aprile.

Eppure, come detto, i tre punti questa volta sono il giusto riconoscimento dei meriti mostrati sul terreno di San Siro. Per la prima volta in campionato si è rivista un’Inter cattiva e determinata, attenta e concentrata, sicura di sé e dei propri (importanti) valori. Una sensazione molto simile a quella lasciata dal successo europeo contro il Barcellona: quella di una squadra finalmente compatta, completamente dedita al raggiungimento dell’obiettivo, forte in atto e non in potenza – lo scriviamo da mesi che l’Inter, a differenze di altre concorrenti, ha i mezzi e le possibilità per alzare (e di molto) il livello. Una vittoria che sarebbe potuta essere comodamente più larga se Dimarco, due volte, Lukaku e Darmian non avessero malamente sciupato clamorose occasioni.

«È stata un’impresa e ci deve dare grandissima fiducia per il futuro e aiutare nella rincorsa, che è partita da lontano. Sono orgoglioso dei ragazzi, in campo si sono aiutati, è stato un piacere vederli».

Simone Inzaghi ai microfoni di DAZN

Proprio come dice Inzaghi, è la complicità tra i giocatori che è sembrata l’alchimia della serata vincente. Reparti osmotici con interpreti sempre pronti a sacrificarsi senza risparmiarsi in campo. Il recupero di Calhanoglu nel primo tempo su Osimhen in area piccola, l’aiuto di Dzeko (cos’altro aggiungere su questo calciatore straordinario?) nei profondi ripiegamenti, le corse diaboliche di Barella alla caccia di tutto. E finalmente un reparto difensivo perfetto e smaliziato, comandato dalla precisione chirurgica di Acerbi e dai muscoli arroganti di uno Skriniar insuperabile. Persino l’elegante Bastoni ha spazzato alla ‘viva il parroco’ più di qualche pallone, facendo felici gli avventori del terzo anello di San Siro senza vergogna né rimpianti.



A dire il vero l’azzurro arrivato a San Siro è parso piuttosto sbiadito. Spalletti prima della sosta aveva dichiarato: «io dico che necessitavamo di un momento così perché la squadra necessitava di tirare il fiato dopo una partenza così. Sarebbe accaduto comunque con qualche pareggio, invece ora ripartiremo, scomoda di più chi aveva trovato la quadra nell’ultimo periodo.» Pre-tattica o reale convinzione difficile da determinarlo, ma ieri sera a Milano la sensazione è che il Napoli scoppiettante di inizio stagione avesse il motore ingolfato, quello di una Vespa lasciata per troppi mesi in garage.

“Il Napoli non era quello se non nelle intenzioni: e nelle velleità. Parente alla lontana della squadra che aveva dominato sino a qui.”

Gigi Garanzini, La Stampa.

Così il migliore attacco del campionato ha creato davvero poco, un tiro maldestro di Zielinski nel primo tempo e la conclusione ravvicinata di Raspadori nel finale con l’ottima risposta di Onana. Poco altro, a fronte di un controllo territoriale – condito da un 63% di possesso palla, per gli amanti delle statistiche inutili – estremamente sterile. Un giro palla stagnante e senza le accelerazioni di uno Kvara abulico, non a caso sostituito dopo poco dall’inizio della ripresa. Come ha detto Spalletti ai microfoni di DAZN: «Qualcuno si è espresso al di sotto dei propri standard». Eppure sarebbe davvero ingeneroso oggi, dopo un inizio stagione stellare, gettare la croce sui ragazzi di Spalletti alla prima sconfitta. Le attenuanti del caso sono davvero infinite, a partire dalla pausa anomala dopo l’inverno di calcio qatariota.

Sarebbe pure ingiusto, però, non ricordare che ora inizia un altro campionato (tecnico, fisico, psicologico) in cui molti degli equilibri della prima parte di stagione potrebbero cambiare. Il Napoli, forte ancora di un vantaggio considerevole, si trova infatti a dover gestire le pressioni di una testa di corsa, per di più in una piazza che ribolle di aspettative, inabituata a vincere e ancora immersa nella maledizione/benedizione di averlo fatto solo grazie a Diego Maradona. Per una squadra sospinta nei mesi scorsi da un entusiasmo contagioso, protagonista di un dominio talmente sfacciato da non trovarsi mai a soffrire, questo aspetto mentale sarà decisivo per l’eventuale conquista del tricolore; questo e, non secondo, l’aspetto atletico, spesso un vulnus per le squadre di Spalletti nella seconda fase della stagione.



Tricolore che sarà più complicato vedere sulle maglie nerazzurre, visto il distacco abissale – e masochista, perché c’è da dirlo – accumulato nella prima parte dell’anno. Certo, sette vittorie nelle ultime otto giornate (con il solo passo falso di Torino, sponda bianconera) sono il ritmo giusto per provare a rientrare: un tentativo obbligatorio per una squadra come l’Inter, che deve passare però anche dal recupero di alcuni giocatori. L’unica vera nota stonata di ieri è stata infatti la prestazione largamente insufficiente di Romelu Lukaku, un fantasma ipertrofico impacciato e imballato, puntualmente sverniciato dai recuperi in velocità di Kim e Rrahmani. La squadra di Inzaghi infatti non può poggiarsi ancora a lungo sulle spalle (dorate) di Edin Dzeko: giocatore totale e strepitoso, attaccante dotato ancora di accecante talento, la cui carta di identità però, 37 anni tra due mesi, non mente.

Ha il calcio nella testa, ancor prima che nei piedi. Perfetto per tutte le stagioni e per tutti i compagni di reparto. È come averne tre in campo. Rifinisce e conclude, lo trovi pure in copertura: fortunato chi ce l’ha.”

Davide Stoppini, La Gazzetta dello Sport.

In definitiva, all’Inter servirà continuare a mostrare l’attitudine guerriera vista ieri sera, senza quei vuoti tipici dell’indole di una squadra pazza per non dire, spesso, autolesionista. Se però questa dovesse davvero essere la nuova Inter, forgiata come un patto di sangue nell’inverno mondiale, ci sarà da divertirsi. In fondo, e molti tendono troppo spesso a dimenticarlo, siamo ancora alla 16esima giornata.

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