Un po’ come l’orologio rotto che segna l’ora giusta due volte al giorno, anche il populismo ogni tanto fa centro. Prendete la denuncia di allenatori (Sarri, Ancelotti, Guardiola, Klopp) e calciatori (Kroos, Courtois, Chiellini, Mbappé, Lewandowski) sull’obesità dei calendari e i conseguenti rischi psico-fisici per i secondi e forse pure per i primi: legittima nella sostanza, per carità, ma facilmente attaccabile nella forma.
Finché infatti alle denunce non corrisponderanno azioni decise e coraggiose – scioperi, dimezzamento degli stipendi conseguente al dimezzamento delle partite, garanzia di maggiori tutele nei confronti dei club spesso danneggiati, non solo economicamente, dal comportamento di procuratori e agenti che tanto comodo fanno ai calciatori – i bei discorsi di calciatori e allenatori porteranno con sé quel velo d’ipocrisia (il vero peccato originale dell’occidente) che tanto fa imbestialire il popolo (già imbestialito e bestiale di suo).
Intervenuto (e premiato) al Globe Soccer Awards di Dubai (a proposito di cose buffe e paradossali), Kylian Mbappé ha ribadito concetti ormai noti: «giochiamo già 60 partite all’anno. L’Europeo, il Mondiale, la Nations League (non dirlo a noi!, ndr). Ci piace giocare, ma così è troppo». Ma allora perché continuate a giocare? Dannazione, la Nations League! Ma di cosa stiamo parlando? Parliamo invece di una cosa a nostro avviso decisiva e sulla quale spesso batte Maurizio Sarri (ne avevamo parlato qui), che trova in Mbappé il più assurdo degli alleati:
«Dobbiamo poter recuperare, fare delle pause. Se la gente vuole qualità, emozione e belle partite, dobbiamo rispettare la salute dei giocatori».
A parte il fatto che “la gente” vorrebbe semplicemente un calcio più a misura d’uomo, il discorso di Mbappé è giustissimo. L’UEFA, tra Nations League, improbabili Europa League e folli Conference League, continua a spremere una mucca già denutrita (se non in fin di vita). Non solo a livello economico ma, come ha ricordato il campione del mondo francese, anche e soprattutto a livello qualitativo – un paradosso se pensiamo che ai piani alti del calcio mondiale piacciono parecchio i 6-3 e gli 8-2, risultati vicini ai videogiochi e dunque più consoni ai gusti delle nuove generazioni. Se Mbappé, icona Fortnite e FIFA (il gioco), arriva a fare certi discorsi, le cose sono due: o c’è ancora speranza o siamo spacciati.
Sul Mondiale ogni due anni, di cui ormai parliamo da un po’ di tempo su queste colonne, Mbappé (e come lui poco dopo Lewandowski) ha preso una posizione decisa e inequivocabile, condivisa a quanto pare un po’ da tutti i calciatori: «il Mondiale è un evento speciale perché si svolge ogni quattro anni. Giocarlo ogni due renderebbe questa competizione normale. È qualcosa di speciale a cui potresti partecipare anche una sola volta nella vita». Sono frasi che non ci aspettavamo e che fanno bene al cuore, ma alle quali ci piacerebbe seguissero azioni decise e chiare. Senza, con ciò, legittimare la Superlega o progetti calcistico-planetari di tal fatta. Un calcio più sostenibile esiste, ma è conciliabile con le abitudini delle superstar del football mondiale?