Intervista a Guido Regis, presidente della più attiva associazione di tifosi granata.
“Un altro Toro è possibile!” è il motto che ispira la missione di ToroMio, una delle realtà più attive dell’universo granata, patrimonio di passione che ha pochi eguali nel mondo. Nata nel 2006 ed ufficialmente costituitasi il 4 maggio 2010, l’associazione promuove iniziative di partecipazione popolare, anche sotto forma di azionariato popolare e/o reale nella tifoseria, con l’obiettivo di difenderne i valori e rafforzare il legame con il territorio. La gigantografia degli Invincibili a Superga e la targa del Grande Torino in via Alfieri 6, l’inaugurazione del Fila in quanto primo socio sostenitore della Fondazione Stadio Filadelfia e l’attività nell’Unione Club Granata, oltre all’organizzazione di numerosi convegni, anche presso l’università, la regione Piemonte e il palazzo di giustizia, per diffondere la propria idea di sport e tifo, offrono alcuni esempi degli sforzi compiuti in questo decennio. Oggi ToroMio è diventata un punto di riferimento per tutto l’ambiente granata e non solo.
Dopo la scrittura della prima proposta di legge per il riconoscimento dell’azionariato popolare, l’associazione è stata tra le anime ispiratrici del NOIF, il comitato di tifosi che porta avanti la battaglia a livello nazionale. Il presidente Guido Regis, medico di professione, risponde alle domande di Rivista Contrasti, per spiegare la passione e l’ambizione che muovono il progetto, una spinta che non si è persa in questi tempi di pandemia. Da ragazzino stravedeva per Sandro Mazzola ma, da quando ha conosciuto la storia di Valentino, la sua vita è stata segnata: dalla curva del Comunale alla guida di ToroMio. Il Torino saprà di avere un futuro fintanto che avrà al fianco sostenitori così.
Come nasce ToroMio?
Il libro che ispira la nascita dell’associazione è “Se vogliamo possiamo!”, scritto nel 2006 da Luciano Cavagnero, un tifoso semi-sconosciuto che presentava una sorta di ricerca sui modelli europei di azionariato popolare, oltre ad un’analisi dell’ambiente granata, che ahinoi sarebbe fallito di lì a poco. Questo lavoro voleva promuovere un modello di azionariato reale che coinvolgesse il tessuto di piccoli imprenditori che disponevano di medi capitali, ma soprattutto si è contraddistinto a posteriori per alcuni spunti di chiaroveggenza, riguardanti ad esempio l’intitolazione dello stadio Olimpico al Grande Torino e la ricostruzione del Filadelfia. Attorno all’autore si è così creato il nucleo embrionale da cui poi sarebbe nata ToroMio, un gruppo di 3-4 persone oltre a lui. Tra di loro, anche il sottoscritto, il cui contribuito iniziale è stato di carattere comunicativo: dal 2007 al 2009 il mio principale compito consisteva nel visitare i diversi Toro Club ed associazioni di sostenitori per promuovere l’idea della partecipazione dei tifosi alla proprietà del Torino. Così, si sono avvicinati altri tifosi e professionisti, fino alla fondazione ufficiale dell’associazione ToroMio il 4 maggio 2010.
Si può dire che l’associazione abbia data corpo alla necessità di avvicinare il club al territorio ed ai suoi tifosi?
Dopo la risalita in serie A, Cairo ha deciso di scostarsi da quella filosofia “romantica”, ovvero fondata sul carattere granata dei suoi protagonisti, su tutti l’allenatore De Biasi. Con questo nuovo corso, Cairo stava inconsapevolmente distruggendo un ambiente che si era rivelato decisivo per la rinascita del Toro, dimostrando tra l’altro gravi arroganza ed ignoranza verso le dinamiche dell’universo granata. Proprio per questo, all’epoca lanciammo con l’Avv. Massimiliano Romiti l’iniziativa “RisorgimenToro”, che si concretizzò in una lettera in cui si offrivano al presidente indicazioni su come rapportarsi con l’ambiente e creare un dialogo costruttivo.
Il punto 4 dello Statuto dell’associazione descrive la missione di ToroMio: conciliare la promozione sociale e culturale all’impegno finanziario. Può spiegare meglio?
L’impegno finanziario è stabile ed alla base dell’attività di ToroMio, ma la sua concretizzazione è preclusa dalla società stessa: senza aperture da parte di Cairo, è inutile lanciare raccolte di fondi o iniziative simili. A dire la verità, in passato avremmo avuto anche la capacità teorica di raccogliere 500.000 euro tra i tifosi…senza parlare poi della visibilità che si potrebbe sfruttare tramite il possibile coinvolgimento di personaggi dello spettacolo o ex calciatori; ad oggi molte di queste figure sono scettiche purtroppo, perché si confonde l’azionariato popolare con un mezzo per raccogliere soldi allo scopo di coprire i debiti societari. Parallele e propedeutiche all’impegno finanziario, vi sono le numerose iniziative di promozione sociale e culturale riguardanti tutto ciò che concerne l’universo del Toro.
Nonostante il rifiuto di Cairo, l’attività di ToroMio prosegue senza sosta. Qual è la situazione attuale dell’associazione?
Bisogna in Italia prendere come esempio Parma ed il caso del Parma Partecipazioni Calcistiche; i tifosi sono riusciti ad entrare in società, perché alcuni imprenditori lungimiranti, oltre ad unirsi per partecipare direttamente alla rinascita del club, hanno consesso la possibilità ad un migliaio di tifosi di collaborare con un quota popolare e tutelata. Tuttavia, bisogna ricordarsi che dal 1992, secondo la legge per cui le società sono divenute Spa, il club fa capo ad un proprietario unico. Ecco che, di fronte a questa situazione, distinguendoci dai club di tifosi tradizionali, abbiamo deciso di promuovere l’azionariato popolare proprio allo scopo di raccogliere risorse per poter entrare un giorno nella società.
ToroMio, come ogni associazione senza scopo di lucro, si autofinanzia con le quote associative; noi per associarsi abbiamo previsto quote per differenti categorie di soci. Oggi ToroMio è un’organizzazione strutturata e solida, pronta per sostenere l’onere e l’onore nel momento in cui divenisse l’associazione di tifosi di riferimento. In sintesi, il nostro obiettivo è accogliere sempre più tifosi, in modo da crescere ed acquisire risorse. L’associazione oggi lavora per diffondere la cultura, non per raccogliere fondi, ma ci stiamo organizzando anche per questo passo, in modo che si svolga con modalità trasparente e legale.
Stiamo studiando un ipotesi di partecipazione libera e personale ad un fondo comune che, accumulandosi, potrebbe costituire ipoteticamente un capitale iniziale da presentare nel caso in cui ci venissero aperte le porte della società. Come dicevo prima, parallelamente portiamo avanti progetti sia per fare conoscere l’associazione, sia per difendere la tradizione del tifo granata. Il senso di appartenenza ed il coinvolgimento del territorio sono valori irrinunciabili per noi, ancora di più a fronte delle carenze da parte della società. In questo momento possiamo dire di essere l’associazione più attiva e cerchiamo di coinvolgere tutte le realtà dell’universo granata, mantenendo viva la fiamma della partecipazione. E’ inutile che la squadra in campo raccolga buoni risultati, senza avere un saldo legame con la propria comunità: il divario tra club e tifoseria è una pecca che pesa su qualsiasi piazzamento finale in classifica.
La volontà di non coinvolgere i tifosi può essere spiegata come un semplice diktat imposto dall’alto, oppure è frutto della scarsa lungimiranza da parte dei dirigenti?
Sul coinvolgimento dei tifosi ci sono sicuramente grossi pregiudizi, dal punto di vista delle società un’apertura equivarrebbe a prendersi in casa dei rompiscatole. A partire dalla nostra realtà però, esempi come il restauro del Filadelfia smentiscono questo punto di vista: la società si è trovata in mano una nuova struttura senza mettere un solo euro o quasi, al di là dell’affitto. Oppure potrei citare Domenico Beccaria, presidente dell’Associazione Memoria Storica Granata, che ha salvato i cimeli della squadra e fondato il “Museo del Grande Torino e della Leggenda Granata”, tanto da essere contattato persino dalla Juventus per replicare l’opera. Aprendo una piccola parentesi, la stessa società bianconera avrebbe una base di tifosi tale da poter costituire un azionariato popolare in stile Bayern Monaco.
Tornando a ToroMio, per fare un esempio, quando l’ortopedico Dott. Misischi, nostro socio, è entrato nello staff medico, ha contribuito in modo fondamentale a rafforzare il “dna granata” nella sezione tecnico-professionale del club; eppure in seguito è stato deciso di smantellare tutto. Ecco che il coinvolgimento dei tifosi rappresenta un patrimonio intellettuale di cui il club può beneficiare fuori dal campo, ma non solo: forse non è casuale che il periodo di inclusione di professionisti-tifosi nel club sia coinciso proprio con il miglior piazzamento recente, quello del Toro allenato da Ventura. Ancora, in questi ultimi anni, non è certo un caso che la squadra si sia salvata con allenatori di fede granata, quali Longo e Nicola.
Nella tifoseria ci sono risorse tanto appassionate quanto capaci, ma non vi è interesse o volontà a coinvolgerle; nell’ambiente granata, mi si permetta di dirlo con orgoglio, ci sono entità associative e partecipate, che difendono e tramandano cosa significhi tifare questi colori, uniche in Italia. In questo atteggiamento di chiusura vedo scarsa intelligenza da parte di dirigenti e proprietari, ma sicuramente non è un modo di fare che si verifica soltanto nel Torino. Per concludere, Cairo stesso non crede nell’azionariato ed il suo uomo di fiducia, Ferrauto, che partecipa alle riunioni della Fondazione Filadelfia, non si scosta dalla linea.
ToroMio, MyRoma, APA Milan e Piccoli Azionisti Parma rappresentano i fondatori di NOIF, il comitato promotore della legge per il riconoscimento giuridico dell’azionariato popolare. A che punto si trova questo percorso, dopo il ritardo causato dalla pandemia?
Il recente clamore suscitato dal lancio di Interspac ha riportato attenzione sul tema della legge già proposta da NOIF. In realtà, potremmo dire che il carattere della proposta propugnata da Nelle Origini Il Futuro sia perfino superiore a quello del progetto formulato da questi professionisti di grande fama, come appunto Cottarelli. Nell’ultimo convegno organizzato da NOIF a Parma, lo scorso ottobre, ci siamo ritrovati con le altre componenti del Comitato per riprendere il discorso interrotto dalla pandemia, rilanciando la proposta di legge. È fondamentale riaccendere e poi mantenere viva l’attenzione mediatica sul tema: il lavoro culturale da compiere sul grande pubblico è ancora molto lungo.
Ad ogni modo, speriamo di poter beneficiare della visibilità di questi personaggi, dato che spesso vengono sottovalutate le nostre capacità perché siamo degli sconosciuti agli occhi del grande pubblico. La preparazione culturale e professionale è alla base di tutte le realtà coinvolte in NOIF e non dico questo per vanteria: la nostra è volontà di collaborare, mettendo le nostre conoscenze e competenze a disposizione dei club per cui tifiamo e non solo, senza però prevaricare nessuno. Un potenziale intellettuale che però forse risulta pericoloso.
Quale cammino per i tifosi, dopo il pericolo scampato della Superlega e il Corona-Football?
Per quanto ci riguarda, l’obiettivo ultimo è un calcio più sostenibile, che possa avere ricadute positive anche sulle altre discipline! Grazie al suo potere attrattivo, il calcio dovrebbe diventare il fulcro per la redistribuzione di risorse a tutti gli altri sport, innescando un circolo virtuoso che coinvolga le varie entità di un territorio. Si può dire che il rilancio dello sport tutto e la diffusione della sua pratica sia la missione delle realtà come ToroMio. I tifosi devono svegliarsi dal torpore, senza dubbio indotto anche da una stampa connivente a questo sistema, prendendo coscienza del valore della partecipazione, nel calcio e nell’intera società.