Allenatori improbabili per panchine impossibili.
Il calciomercato 2024 è dominato dagli allenatori. Questo finale di stagione, infatti, promette scintille a livello europeo sul fronte delle panchine. Chi se ne andrà? Chi resterà? Chi cambierà? Chi si riciclerà? Chi rimarrà a spasso? I club, ovviamente, sono alla ricerca del “miglior progetto tecnico e finanziario” (salvo cambiarlo a novembre dopo un pareggio e due sconfitte). Giusto.
Ma ora immaginiamoci un altro scenario. Facciamo finta che scoppi una specie di Big Bang, durante il quale il mondo (dunque anche il calcio) viene capovolto. E vediamo in anteprima gli esiti di questo grande scoppio.
Roberto De Zerbi alla Juventus
Ebbene sì. Basta con il “risultatismo allegriano”, arido e sterile. Via libera al “giochismo dezerbiano”, poetico e lirico. Stupendo vedere il profeta di Brescia nel tempio dominato dal motto “vincere non è importante, è l’unica cosa che conta”. Lele Adani, dopo aver bruciato in diretta una foto di Max, ha già gettato la maglia del River Plate e fatto una diretta su TikTok in divisa bianconera.
Interessanti anche le prime amichevoli estive, dove De Sciglio, Rugani e Gatti si esercitano nella costruzione dal basso con una specie di torello a due metri dal proprio portiere, in perfetto stile Brighton. La rivoluzione è iniziata.
José Mourinho al Torino
Sull’altra sponda del Po, intanto, si è creato un mix culturale intrigante: uno degli allenatori più vincenti degli ultimi anni abbinato a un Presidente che ha fatto della ricerca del decimo posto la propria ossessione.
José ha comunque diverse caratteristiche per entusiasmare il popolo granata, a partire dal suo carattere “tremendista”. Già alla conferenza stampa di presentazione, per omaggiare la memoria dei caduti di Superga ha rievocato un Torino-Juventus 1-1 del campionato ’47-’48 sottolineando come ci fosse un rigore colossale, non fischiato, ai danni di Valentino Mazzola. I nostalgici hanno applaudito forte.
Si prevedono derby infuocati sotto la Mole. Una novità rispetto agli ultimi anni piuttosto tiepidi.
Gian Piero Gasperini al Real Madrid
La vera bomba dell’estate. Gasperini, quest’anno, ha fatto meraviglie con la sua Atalanta, in Italia e in Europa. Il Big Bang, che non è un algoritmo e neppure figlio dell’AI, ha così indirizzato il tecnico di Grugliasco a Madrid.
Certo, qualche dubbio resta. Nella sua unica esperienza in un grande club, Gasperini fallì. Ma erano altri anni, altri tempi e altri presidenti. Il nostro eroe è cambiato: malgrado il suo temperamento, la recente riappacificazione con il Papu Gomez indica che potrebbe andare d’accordo pure con Vinicius Jr. Il vero interrogativo è un altro: vista la fama di valorizzatore e creatore di plusvalenze del Gasp, riusciranno poi i blancos a rivendere Mbappé per 873 milioni?
Diego Simeone al Napoli
Fuochi d’artificio dalle parti del Vesuvio. Ricordate la conferenza stampa di De Laurentiis nella quale ADL ricordava di aver detto a Garcia durante il match con l’Empoli “ma che cazzo stai facendo?”.
Con il Cholo, neo allenatore del Napoli, è capitata la stessa cosa. Tuttavia la reazione è stata diversa. ADL è stato prima colpito da pugni e schiaffi, poi da cinque calci sferrati dal Mono Burgos, richiamato per l’occasione. Da lì si è scatenata una rissa gigantesca che ha coinvolto addetti dello staff, responsabili della sicurezza, forze dell’ordine, boss di vari clan, tre parenti di Insigne (regolamento di conti per il vecchio episodio del ritiro imposto), l’agente di Spalletti e Kvaratskhelia, incazzato dalla nascita.
Il bilancio dei disordini è pesante. Il Cholo rischia l’esonero prematuro.
Paulo Sousa al Liverpool
Proprio quando sembrava che Arne Slot, allenatore del Feyenoord, fosse il candidato unico alla successione di Jürgen Klopp ecco che il Big Bang ha mescolato le carte.
Sulla panchina dei Reds è approdato invece Paulo Sousa. Dal calcio fatto di gegenpressing e alta velocità si è passati al jogu posisionau lento e compassato. L’heavy metal ha ceduto il passo al fado. Anfield e la Kop sono perplessi, qualche buontempone sta già pensando di riadattare il celebre “You’ll never walk alone” al più consono “You’ll never sleep alone”.
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La rottura con il passato emerge soprattutto nei rapporti con i media. Laddove Klopp aveva abituato tutti a risate fragorose da birreria e humour caustico, Sousa intrattiene i presenti a voce bassa, dal timbro sacerdotale. Ed ogni domanda dei giornalisti implica una risposta di almeno 15 minuti, con lunghe dissertazioni filosofiche sull’importanza della connessao fra i propri giocatori.
Antonio Conte al Barcellona
Diciamolo una volta per tutte. Del ruolo di guida spirituale svolto da Cruijff non se ne poteva più. Il grande Johan ha ispirato Barcellona, la Catalunya, tutti i movimenti separatisti, la cucina di Ferran Adrià… ed ovviamente il Barca.
Da quarant’anni, Rexach, van Gaal, Rijkaard, Guardiola, Vilanova, Luis Enrique, Koeman, fino ad arrivare a Xavi ci ricordano quotidianamente gli insegnamenti del Maestro.
Anche a Barcellona, evidentemente, si sono stancati. Anche il Big Bang si è stancato. Occorreva un picconatore. Eccolo, il suo nome è Antonio Conte. Prima mossa: comprare Lukaku, uno che nell’Ajax o nel Barca di Cruijff non avrebbe fatto neppure il magazziniere. Bisognava però dare un segnale forte.
In realtà, i soldi per acquistare Lukaku non erano disponibili in cassa. Ma Antonio è stato irremovibile: “non si può mangiare una paella con 1 euro” (autocitazione modellata secondo la realtà locale).
Per recuperare la somma necessaria, Joan Laporta si è dunque inventato una mossa astuta: ha licenziato tutti i dipendenti del club. Ma proprio tutti: gli amministrativi, quelli del marketing, degli shop, gli addetti al campo, i tecnici del canale blaugrana, i cuochi, gli steward e via dicendo. A sostituirli sono stati chiamati i ragazzi della celebre Masia che così potranno non solo allenarsi ma anche lavorare “per apprendere meglio i valori fondanti della cultura del Barca”.
Luciano Spalletti al Bayern Monaco
Ormai è chiaro: al Bayern, ultimamente, sono strani. Licenziano allenatori in testa alla classifica (Nagelsmann). Eliminano amministratori delegati e direttori sportivi durante la festa per la vittoria in campionato (Kahn e Salihamidzic). Annunciano il divorzio dal tecnico in carica con cinque mesi di anticipo (Tuchel). Contattano pubblicamente allenatori che, altrettanto pubblicamente, rifiutano l’offerta (Nagelsmann di nuovo e Rangnick). Usanze bavaresi poco comprensibili nel resto del mondo, ma senza dubbio originali.
Non sorprende quindi che Luciano Spalletti, terminati gli impegni con la nazionale, abbia deciso di sedersi sulla stessa panchina che ha ospitato fra gli altri Beckenbauer, Trapattoni, Hitzfeld, Heynckes, Klinsmann, van Gaal, Guardiola o Ancelotti.
Spalletti non è stato scelto per il suo modulo di gioco o per la conoscenza del tedesco, peraltro molto gradita in Germania. No, Lucianone è stato selezionato per un’altra caratteristica: la capacità chirurgica di inimicarsi gli idoli locali. Dopo Totti alla Roma e Icardi all’Inter, il mago di Certaldo ora alzerà la posta: dovrà litigare non più con un singolo, bensì con tre elementi della rosa. Cioè lo zoccolo duro composto da Neuer, Muller e Kimmich. La sfida di tutte le sfide. L’all in che può valere un’intera carriera. C’è molta curiosità sull’esito finale dell’impresa.
Massimiliano Allegri all’Ajax
Sfinito da tre anni di menate, di penalizzazioni, di squalifiche per doping, di centrocampisti ludopatici, di affitti reclamati da Ambra Angiolini. Esaurito dalle critiche quotidiane di tifosi e giornalisti. Amareggiato dal doppiogiochismo di direttori sportivi appena insediati. Irritato dall’assenza di un management forte. Inviperito dalle costanti sparate del solito Adani… insomma, Massimiliano Allegri ha detto basta con l’Italia e si è trasferito ad Amsterdam per iniziare una nuova vita all’Ajax.
Una città splendida, piena di acqua e di silenzio. Una nazione tollerante dove tutto “è molto semplice”, espressione cara a Max oltre che titolo della sua biografia. Una lega spensierata, senza particolari stress. Un club di grande prestigio internazionale. La combo perfetta per ritrovare la serenità e trascorrere finalmente qualche serata in pace, magari con Galeone a guardare le ragazze che passano in bicicletta.
Come nel caso di Spalletti, Allegri è comunque ad Amsterdam con una missione perfino superiore agli interessi specifici dell’Ajax. Il suo compito sarà più di carattere evangelico a livello nazionale. Catapultato in Eredivisie, unico campionato europeo dove si registrano ancora punteggi tipo 8-4 o 7-3, Max dovrà convincere i colleghi a rivalutare l’importanza di uno 0-0 o di un 1-0. Incarico complicato in una cultura che ha sempre guardato con sospetto il calcio sparagnino.
Ma gli inizi sono incoraggianti. Dopo tre sole partite casalinghe, sugli spalti dell’Amsterdam Arena è già apparso un grande striscione: Korte Snuit. Cosa significa? Corto Muso.
Va bene, abbiamo scherzato. Nessuna opzione uscita dal Big Bang si realizzerà. Qualcuna, a dire il vero, sarebbe stata piuttosto divertente. Ma tanto lo sappiamo già come andrà a finire: vincerà come sempre Carlo Ancelotti. Tornato nel frattempo alla Reggiana.