Ritratti
16 Gennaio 2023

Victor Osimhen, calciatore selvaggio

Caccia rituale, istinto. Liberazione e depensamento.

Victor Osimhen non è un centravanti di manovra e nemmeno un bomber vecchio stampo. I suoi piedi piatti rendono la sua falcata dinoccolata, eppure terribilmente efficace. Quando corre alza e agita le braccia verso l’alto, quasi a voler tagliare con furente impazienza lo spazio che gli si pone di fronte. Fa parte di quei giocatori che non fanno ciò che è giusto, ma ciò che sentono. Di quelli che vivono al limite e che corrono costantemente il rischio del loro fallimento. Non pondera mai le sue scelte e non gestisce il ritmo: non riesce e forse non può. Spesso accelera da solo, senza aspettare l’arrivo dei suoi compagni di squadra. Aborrisce la moderazione: il calcio, per Osimhen, è una caccia rituale da vivere al massimo delle proprie potenzialità.

La sua infanzia è ardua. Cresce a Lagos (nei pressi della discarica di Oregun) e trascorre le sue giornate vendendo per strada cartoni d’acqua e dividendo con i sei fratelli soltanto un letto e una sedia. A livello calcistico di lui si parla dal 2015, quando trascina la sua Nigeria alla vittoria del mondiale Under 17 (con 10 reti in 7 partite). Poi passa al Wolsburg, ma senza lasciare mai davvero il segno. La vera svolta della sua carriera arriva al Lille. In Francia lo scenario è perfetto. La squadra è giovane e l’allenatore, Christophe Galtier, esalta le sue straordinarie qualità fisiche in campo aperto. Victor Osimhen segna diciotto reti stagionali e attira le attenzioni di mezza Europa. A spuntarla, alla fine, è il Napoli.



E pensare che l’infortunio al volto del novembre 2021 poteva segnare la fine della sua carriera: «la guarigione è avvenuta in tempi decisamente sorprendenti, potrebbe anche rimuovere la maschera ma probabilmente c’è anche un discorso scaramantico. Deve decidere lui, forse per il suo modo di giocare è anche un bene che continui ad indossarla. Il ragazzo è stato esemplare nel corso di questo percorso» (G. Tartaro, chirurgo che lo ha operato).

Ora Osimhen si è ripreso, ma ha deciso di non rimuovere, in campo, le protezioni dal suo volto. Così come i popoli primitivi indossavano maschere nelle cerimonie religiose per mettersi in contatto con l’energia della natura e degli spiriti, Osimhen lo fa per perdere la propria identità e connettersi con la sua dimensione più selvaggia e ferina. La sua maschera non lo nasconde, ma lo rivela. Soprattutto, rivela il suo modo di intendere il calcio, che è per lui rito di liberazione e appagamento di istinti naturali. È vivere nel “depensamento”, in una totale immersione nell’immediato. È realizzazione, sul palcoscenico del prato verde, di atti sempre nuovi e per questo irriproducibili.

«Osimhen deve migliorare molto nella gestione della palla, deve essere più lucido nelle scelte di gioco. Lui è utilissimo nell’attacco alla profondità, dove è maestro. Però deve saper gestire di più la palla, deve essere più utile alla squadra».

Luciano Spalletti


A Napoli, tra Osimhen e Kvara, impazzano i calciatori selvaggi. Per la gioia nostra e di Marco Ciriello


E se Spalletti afferma che Victor deve migliorare nella scelta delle sue giocate e nella capacità di dialogare con i compagni, a noi, francamente, interessa poco. Adoriamo Osimhen proprio per questo, perché vive il calcio come l’archetipo delle esperienze piacevoli. Perché si sottrae al nostro illusorio bisogno di controllo e ci invita ad accettare di buon ordine il caos, ricordandoci che è impossibile eliminare da questo sport la contingenza. Perché gioca per sfogo, allo stesso modo in cui giocherebbe per strada, laddove schemi e tatticismi non hanno senso di esistere.

Il nigeriano gioca un calcio liberatorio che sfugge alla ragione ma allo stesso tempo è comprensibile a tutti: un esperanto calcistico che ha il sapore dell’infanzia, di dimensioni lontane ma paradossalmente conosciute. Adoriamo Osimhen perché è un hapax, una ginestra che cresce spontaneamente nel deserto calcistico dell’ordinarietà circostante, e che ci riporta in una dimensione, umana e calcistica, ancestrale. Guerra, caccia, istinto, liberazione. E legge del più forte, quella che Victor Osimhen sta imponendo alle difese di tutta Italia.

Gruppo MAGOG

Marco Armocida

32 articoli
La Juve di Allegri è come il bar sotto casa
Calcio
Marco Armocida
17 Gennaio 2024

La Juve di Allegri è come il bar sotto casa

In grado di fermare il tempo.
Caro Paul
Critica
Marco Armocida
04 Novembre 2023

Caro Paul

Lettera d'amore a Pogba.
Filip Kostic, l’arma umile del cross
Ritratti
Marco Armocida
01 Novembre 2023

Filip Kostic, l’arma umile del cross

Un dettaglio non da poco nell'epoca dei ruoli (e dei calciatori) liquidi.

Ti potrebbe interessare

Paolo Sorrentino, il Napoli e Maradona
Calcio
Luca Pulsoni
25 Agosto 2020

Paolo Sorrentino, il Napoli e Maradona

Il legame con Partenope, la sua squadra e il più grande di tutti.
Elogio della sincerità di Galtier e Mbappé
Papelitos
Gianluca Palamidessi
10 Settembre 2022

Elogio della sincerità di Galtier e Mbappé

Dalla questione economica a quella ecologica.
A Napoli Bruscolotti è storia
Interviste
Mattia Di Lorenzo
13 Febbraio 2020

A Napoli Bruscolotti è storia

Una carriera legata al Napoli e cinque stagioni da capitano, poi la fascia ceduta a Maradona per raggiungere la gloria. La nostra intervista a Beppe Bruscolotti.
Delirio da fantacalcio
Calcio
Luigi Fattore
30 Novembre 2017

Delirio da fantacalcio

La deriva fantacalcistica ci porta in un mondo distopico, in cui i numeri dettano la legge della mente e del cuore.
L’importanza di saper leggere le partite
Calcio
Gianluca Palamidessi
09 Gennaio 2023

L’importanza di saper leggere le partite

E di non saperle leggere.